Scrittrice conosciuta, autrice di racconti, scultrice, insegnante, artista a tutto tondo . Silvia Di Natale vive in Germania da molti anni e qui continua ad occuparsi delle sue passioni. Kuraj, Millevite, Viaggio in Colombia, Vicolo Verde sono soltanto alcuni dei titoli che portano la sua firma per i tipi della Feltrinelli. Il rapporto tra donne che viene indagato in alcuni dei suoi libri e quello con il passato , narrato in uno dei suoi racconti, il delizioso “La caponatina della nonna di Modica”; poi i suoi progetti, i suoi lavori in legno, i suoi viaggi: gli argomenti toccati durante una piacevole chiacchierata, una mattina…
- Quanto spazio occupa la passione per la scrittura nella tua vita?
“Tutto lo spazio o quasi. Ci sono, però, dei periodi in cui, se ho un grosso progetto è questo ad occupare completamente la mia esistenza. Al momento , con tutte le cose da fare, ho difficoltà a trovare lo spazio per il romanzo che ho già in mente, un vecchio progetto. Dovrei riuscire ad andare nel Parco del Gran Sasso. La storia che vorrei scrivere è collegata a questo luogo, ma non mi sono ancora decisa ad iniziare davvero, so che mi prenderebbe completamente”.
- Tu ti occupi anche di scultura …
“Si, ed è una passione nata prima della scrittura. Ho cominciato frequentando alcuni corsi all’Università di Regensburg. Oggi il mio materiale preferito è il legno perché mi permette di esprimermi in dimensioni più ampie”.
- Silvia quanto ci metti di tuo nelle cose che realizzi?
“In qualsiasi arte non puoi fare a meno di esprimere te stesso . Sempre. La scrittura parla di te, anche quando si tratta di un racconto storico. Comunque racconta come tu guardi e rappresenti le cose”
- Un’anima sensibile come la tua, come vive la quotidianità o le storie difficili con le quali viene a contatto? Come ti poni verso i grandi cambiamenti della società e quindi come convive l’anima della cittadina con quella dell’artista?
“Già all’inizio della mia carriera di scrittrice, con Kuraj, ho raccontato di grandi cambiamenti: il libro narra la storia di una bambina venuta dall’Afghanistan e delle sue difficoltà ad integrarsi nella società tedesca , nella Colonia del dopoguerra. Subito dopo aver finito questo libro, ho fatto una mostra, intitolata “Parole nel legno”. Ogni figura rappresentava quello che la stampa del tempo ci proponeva sulla guerra nel Kosovo: c’era una scultura chiamata Danni collaterali, una Persone in fuga, un’altra Catastrofe umanitaria, tutte parole alle quali uno si abitua e che invece hanno dentro storie e destini. Questo era il mio rispondere alla realtà di quel tempo, anche allora si parlava di fuga e di guerra. Oggi non facciamo che proseguire. Io non ripropongo mai lo stesso tema, ma mi sarebbe piaciuto fare una mostra di grosse figure di legno in cui tutte le persone raffigurate guardano il loro cellulare; intorno avrei fatto girare un video con tutto il resto che si muove, mentre le persone rimangono immobili, intente ai loro giochi. Però è una cosa impegnativa e non si possono fare troppe cose insieme. Questo per dire che in qualche maniera reagisco spontaneamente alla realtà che mi circonda. Attraverso gli strumenti che ho”.
- Di recente hai presentato Vicolo Verde anche se lo hai scritto qualche anno fa. Di cosa parla questo libro?
“E’ il primo libro che ho scritto ed è il più autobiografico. Parla di donne, del confronto con la madre,di esperienze femminili, come la nascita di un bambino prematuro o la malattia al seno. Racconta come madre e figlia hanno affrontato queste problematiche in maniera diversa. Mi sembrava interessante metterne a parte altre donne”.
- Invece il racconto La caponatina della nonna di Modica è un’ incursione in un mondo diverso …
“Diverso perché era un’ esperienza attuale, anche rivissuta, e devo dire che mi è molto piaciuto scriverlo. Un racconto – ricetta lanciato come collana all’Expo di Milano”
- Anche in questo racconto c’è una figura femminile che ripercorre il passato quindi continua l’indagine sul rapporto tra donne.
“Si, sono interessata all’argomento dei rapporti tra donne, poi c’è lo scontro con la realtà mutata e quello che una ricetta può provocare” …
- Parlando del rapporto tra donne che si incontra spesso nei tuoi libri, in particolare quelle della stessa famiglia, quanto peso ha per il futuro, nell’anima di noi donne, il rapporto con le figure femminili del proprio passato?
“Ci si porta dentro per sempre l’immagine della madre: ci servirà come modello positivo o negativo. Quante volte ci siamo trovate a pensare, con stupore, o imbarazzo: “Sto facendo come lei! Oppure: “Non devo assolutamente fare come lei! A lei non è mai capitato? Ci sentiamo così diverse dalle nostre madri : ci hanno trasmesso un’immagine del ruolo della donna che oggi rifiutiamo in pieno (parlo della mia generazione, si capisce), eppure molti di quei comportamenti sono così radicati nella nostra psiche che riusciamo a fatica a liberarcene”.
- Il viaggio: visitare un luogo rappresenta a volte anche un viaggio dell’anima. Ti è capitato? A quali luoghi visitati sei rimasta più legata ?
“Tutti i viaggi che ho fatto mi hanno formata, ma, certo, se parliamo dei viaggi più recenti, ci sarebbe la Colombia. Non capita spesso di venire accolti con tanta gentilezza, di essere considerati “importanti” solo perché si è affrontata la fatica di andare fin là. Poi c’è il Pakistan: mi porto dietro l’impressione di essere stata in un paese fermo a cinquant’anni fa, ma no, ancora più indietro. Affascinante, ma solo per chi passa e poi se ne va”.
- Infine, sempre in tema di viaggio: alcune discipline orientali affermano che viaggiando da soli si viaggia col diavolo… Hai un tuo personale Virgilio che ti accompagna?
“No, perché il diavolo? Io viaggio bene con me stessa, ma, intendiamoci, solo se sono “in missione”! Da sola, in un centro balneare o di benessere, o in un albergo a cinque stelle con il tutto compreso, no, no, quello sì che è il diavolo!Purtroppo non ho trovato nella mia vita nessun Virgilio che mi facesse da guida”…