- Lei è Monaco da pochissimo, come si trova qui e come le sembra questa città?
Ho visitato Monaco di Baviera da turista e quindi non mi era completamente sconosciuta, ma devo dire che è stata comunque una grande sorpresa. Non immaginavo che a Monaco si vivesse così bene, con una qualità della vita così alta. Amo molto passeggiare nell’Englischer Garten e mi stupisco ogni volta vedendo quanta gente lo fa, anche nei giorni lavorativi e con qualsiasi tempo. Mi diverte vedere i tedeschi rilassati a leggere un libro su una panchina, a giocare con i loro cani liberi dai guinzagli, a gironzolare in bicicletta, a chiacchierare allegramente con gli amici o completamente presi dal loro allenamento quotidiano. Esula un po’ dall’immagine stereotipata alla quale anch’io finora, almeno in parte, credevo. Mi aspettavo una città più austera anche se Monaco la trovo molto elegante e formale, arricchita dalla presenza di antiche famiglie nobili che avevo studiato nei libri di storia. Non mi era mai capitato prima di chiacchierare con una principessa (e scoprire che è una persona normalissima anche se vive in uno dei suoi castelli) o bere lo champagne da un bicchiere in ceramica all’Oktoberfest. Sono cose che sembrano normali solo a Monaco. Devo dire che mi ha anche sorpreso l’ampissima offerta culturale della città, che ha superato le mie più rosee aspettative. E poi, il grande amore dei bavaresi per l’Italia. Non immaginavo nemmeno lontanamente quanti tedeschi parlassero un ottimo italiano e quanti ristoranti italiani, tra cui alcuni veramente eccellenti, ci siano a Monaco. Per non parlare degli italiani che vivono qui. Ho incontrato delle persone stupende, che mi hanno accolto a braccia aperte e mi hanno coinvolto nelle loro iniziative. Qui a Monaco l’entusiasmo non manca e questo rende la città ancora più bella e interessante.
- Lei è di Fiume, città con un passato storico intenso. Il luogo di nascita può in qualche modo, determinare aspetti particolari del carattere di una persona?
Sono convinta che ognuno di noi nasca già con il suo carattere, poi forgiato dalle esperienze che creano la complessità della personalità adulta. Ma la base, secondo me, rimane invariata. Sono però anche convinta che nascere in un luogo piuttosto che in un altro influenzi in modo importante lo sviluppo della persona. Ciò non solo per le opportunità che ci sono di crescita negli ambiti dello studio e del lavoro, ma anche per il fatto di essere più o meno esposti a eventi e situazioni che creano degli atteggiamenti e un background culturale dai quali potremo difficilmente discostarci. Ritengo comunque che dal nostro carattere, innato, dipenda il modo in cui ci interfacciamo con queste esperienze e quindi anche il modo in cui ne veniamo influenzati. Io sono nata a Fiume e vi ho passato i primi 18 anni della mia vita. Poi ho trascorso un periodo analogo a Trieste, città dove ho studiato e lavorato. Non so dire quale delle due città mi abbia influenzato maggiormente, perché ho avuto moltissimo da entrambe. A Fiume ho imparato l’umiltà così come l’importanza della famiglia. Ho capito quanto le nostre certezze siano vacillanti e che bisogna essere sempre pronti a tutto, all’ adattamento, al cambiamento. I miei nonni sono nati in Austria-Ungheria, i miei genitori in Italia, io in Jugoslavia e i miei nipoti in Croazia. E tutto ciò senza spostarsi da Fiume. Quando andavo al Liceo c’era la guerra e ho visto il denaro perdere valore ogni minuto a causa di un’inflazione galoppante che è difficile da immaginare. Ma anche quando i tempi erano veramente bui, i miei genitori erano riusciti a farci vivere serenamente. Ho imparato che la felicità dipende in gran parte da noi stessi ma anche a cercare una soluzione a un problema prima di rassegnarmi e rinunciare a lottare. Trieste mi ha aperto le porte verso opportunità di crescita, soprattutto professionale, che a Fiume non potevo nemmeno immaginare. Ho avuto la possibilità di studiare anche dopo la laurea e di lavorare in ambito accademico, collaborando con grandi luminari a livello internazionale, tra cui il prof. Larry R. Ford della San Diego State University, il quale mi ha insegnato a vedere il mondo con gli occhi del geografo urbano e a comprendere la complessità del territorio osservando anche le cose più semplici.
- Florinda Klevisser, scrittrice e moglie del Console Generale d’Italia in Baviera. Sono due ruoli che si riesce a conciliare o non sono affatto ruoli distinti?
È una domanda che mi pongo a volte anch’io. Posso dire con certezza che non sono ruoli contrastanti. Per quanto compatibili, cerco di mantenerli distinti anche se non è sempre semplice. Sono orgogliosa di essere la moglie di un uomo straordinario che ricopre anche una funzione importante, nello svolgimento della quale cerco di sostenerlo al massimo. Ma non voglio dimenticarmi di chi sono al di fuori della famiglia, dei sacrifici che ho fatto per diventarlo e delle competenze specialistiche che ho acquisito. Anche se non è sempre facile e il tempo per dedicarmi ai miei interessi professionali è poco, cercherò anche qui a Monaco di fare del mio meglio per continuare a crescere anche come geografa e scrittrice.
- Lei ha scritto un libro. “Viaggia con me”, che in realtà, anche se in apparenza sembra esserlo, non è solo un semplice diario di viaggio ma è anche un percorso di riflessione su grandi temi e di scoperta di se stessi. Cosa ha scoperto di se stessa che ancora non conosceva?
Partire da soli ti mette di fronte a te stesso. Ho capito che non l’avevo mai fatto prima realmente, non mi ero semplicemente posta il problema. Ma quando ti trovi continuamente esposto a situazioni nuove, trovandoti un giorno a cenare con dei perfetti sconosciuti a Hong Kong, messi al tuo tavolo dalla cameriera dopo una pittoresca quanto surreale spiegazione in cinese e il giorno dopo a Bangkok a destreggiarti tra chi ti vuole truffare e il caos della capitale, vedi veramente chi sei, quanto sei capace di adattarti, quanto sei aperto a conoscere persone nuove, come affronti le diverse situazioni insolite e a volte anche forse un po’ pericolose. Nel corso di questo viaggio ho capito per la prima volta che la mia vita è nelle mie mani e che le opportunità sono infinite, limitate solamente da noi stessi, dalle nostre scelte e dalle nostre paure. Sono tornata a casa più forte e più serena, arricchita da questa consapevolezza che ti permette di scegliere in modo più libero.
- Il cambiamento, l’amore, la moda, il tempo… Ci si è soffermata nel suo libro. Quali i suoi pensieri su questi argomenti?
Sono argomenti sui quali si potrebbero dire molte cose. Il cambiamento, parte inevitabile della nostra vita, ci porta fuori dalla nostra zona di certezze e così ci permette di crescere. L’amore è alla base di tutto, fa vibrare ogni nostra cellula, facendoci sentire veramente vivi. Un mondo senza amore sarebbe un mondo veramente triste. Credo in un amore che parte dall’amare noi stessi, che si basa sul rispetto e sulla comprensione reciproca, senza condizioni o aspettative, anche se non sempre ci riesco. La moda è un’espressione della creatività umana che aggiunge lo straordinario all’ordinario, ma anche un vezzo e una coccola che ci concediamo e che ci permette di esprimere la nostra personalità e di distinguerci. Amo indossare un capo originale, anche se spesso prediligo la comodità, soprattutto quando viaggio. Il tempo è quello che mi ha fatto pensare di più in questi anni. Inesorabile, inesauribile, la cui misurazione ha introdotto una programmazione nelle nostre vite, ma la cui percezione è così varia da momento a momento, da persona a persona. Il tempo influenza tutto, ma non è influenzato da nulla. Viaggiare da soli ti permette di gestire in modo autonomo il tuo tempo e la grande sorpresa è che questo sembra espandersi, lasciandoti libero di godere di ogni attimo.
- Per il ruolo di suo marito, è costretta a spostarsi spesso. Si rischia di non riuscire a mettere radici o si riesce comunque a trovare un punto fermo nonostante i frequenti cambiamenti di città?
Viaggiando ho capito di non avere delle vere e proprie radici che mi vincolano a un determinato luogo, ma che le mie sono radici piuttosto emotive, ovvero mi legano alle persone. Ormai grazie alla tecnologia si può mantenere un contatto molto saldo anche a distanza e questo è un grandissimo vantaggio della nostra epoca. L’unico punto fermo che possiamo permetterci con il tipo di vita è in noi stessi e nella coppia. Il nostro mondo si sposta con noi e cercare di mettere radici in un unico luogo è fonte di sofferenza. Ci spostiamo sapendo già che c’è un termine e che arriverà il momento di dover ripartire. Non sempre è facile, anzi forse non lo è mai veramente.
- Quanto costa poi, lasciare tutto ogni volta?
Non sono molti anni che faccio questa vita, quindi sarà il tempo a dirlo. Diciamo che ha vantaggi e svantaggi. Lasciare tutto porta inevitabilmente a una selezione delle amicizie che rimangono e delle cose da portarsi dietro, a una riorganizzazione della propria vita, della propria casa, delle proprie abitudini. L’inizio non è mai facile e a momenti ci si sente spaesati e forse anche un po’ scoraggiati, stanchi dopo il trasloco (considerato dagli psicologi un vero e proprio trauma) e intenti a combattere con le varie difficoltà, anche pratiche, cui si va incontro quotidianamente. Poi dopo il primo impatto prevale l’interesse e la curiosità per le situazioni, le persone, i luoghi nuovi e si fa il possibile per accogliere il cambiamento cercando di non farsi travolgere e di avere il massimo dalla nuova vita.
- Tornando al libro, lei offre anche consigli pratici su come viaggiare tanto spendendo poco. Ma come le è venuta questa idea? Un giorno si è svegliata ed ha deciso di prendere un aereo con un biglietto di sola andata?
In realtà è nato tutto per caso. Volevo fare visita a mia sorella in Nuova Zelanda per farle sentire la vicinanza della famiglia a Natale, ma non avevo voglia di fare un volo così lungo, senza scali e ripercorrendo lo stesso itinerario. Mi sono ricordata dell’esistenza di un biglietto unico che permette di fare il giro del mondo a un prezzo vantaggioso e l’ho cercato su internet. Alla fine, invece di trascorrere un mese in Nuova Zelanda, sono rimasta in giro per tre mesi visitando località stupende quali la Thailandia, l’Australia, Samoa…
- Lei ha viaggiato tanto e, con ogni probabilità, ha incontrato anche persone e situazioni difficili, di povertà, di vite al limite. Come si rientra nella cosiddetta normalità dopo ? Si può dimenticare?
Purtroppo la povertà fa parte della normalità della vita di molte persone. Non possiamo ignorarla ma nemmeno salvare il mondo. Di quanto sia diffusa me ne sono resa conto soprattutto viaggiando fuori dall’Europa ma anche nel corso del progetto di volontariato a cui ho partecipato in Kossovo. Non si può dimenticare il senso di impotenza che si prova davanti a certe situazioni, quando l’ingiustizia la senti urlare nella tua testa e non sai cosa fare. A volte mi è capitato anche di mettermi in un angolo e a piangere. E non riesci a dimenticare la gratitudine negli occhi di chi sei riuscito ad aiutare almeno un po’. Ti rendi conto di quanto poco basti per migliorare la vita di una persona e di quanti non abbiano accesso nemmeno a quel poco. Tutti noi possiamo fare qualcosa!
- Un’ ultima domanda: chi è Florinda Klevisser oggi e quali sono i suoi progetti?
Quando avrò una risposta esaustiva a questa domanda, probabilmente avrò capito tutto della vita. Posso dire che Florinda Klevisser è una donna fortunata, ottimista, che ama le cose belle (e buone) ed è grata per le possibilità che la vita le ha offerto. È molto curiosa, con mille idee e progetti, e sempre con la valigia pronta. Ha mille interessi, dall’arte alla moda, la musica, lo sport. Cammina molto, ama leggere, conoscere persone nuove, ma è molto legata alla famiglia e agli amici. In questo momento sto scrivendo un racconto per un’antologia su Monaco, insieme a un gruppo di scrittori italiani che vivono qui. Mi sento molto onorata di essere stata inserita nel gruppo, soprattutto visto che sono qui da pochi mesi. Sto cercando di riprendere il progetto dei libri di viaggio e di proseguire le mie ricerche in ambito geografico, ma anche di inserirmi in un’attività di volontariato presso un centro profughi. Una delle mie priorità rimane però legata al lavoro di mio marito, che cercherò di appoggiare il più possibile come ho fatto dal primo giorno.