Camilla Tucci, psicologa e psicoterapeuta, da quindici anni a Monaco di Baviera dove esercita la sua professione presso il Servizio psicologico per stranieri della Caritas.
- Dottoressa Tucci, da quindici anni ad oggi come è cambiata Monaco?
La trovo cambiata dal punto di vista della presenza degli stranieri; io lavoro quasi esclusivamente con gli italiani e noto una presenza differente di coloro che sono arrivati negli ultimi sei sette anni rispetto all’inizio .
- Sono cambiati anche gli Italiani?
Oggi, a parte il fenomeno migratorio delle persone rifugiate e richiedenti asilo, vediamo più persone che girano per l’Europa e quindi persone che sono interessate a trasferirsi per avere più opportunità lavorative. Hanno un livello culturale buono e si trasferiscono pensando al futuro dei figli o, essendo ancora giovani, alla possibilità di costruire qualcosa di meglio rispetto all’Italia
- Lei fa ascolto psicologico, giusto?
Si. Ho uno studio privato come psicoterapeuta e lavoro tutte le mattine al consultorio della Caritas ormai dal 2004. Facciamo consulenze psicologiche anche a persone con problemi psichiatrici, consulenze individuali e di coppia
- Quali le patologie più frequenti e quale la differenza tra donne e uomini?
Indubbiamente la depressione e i disturbi di ansia sono le patologie per cui le persone chiedono più frequentemente aiuto. In quanto agli uomini posso dire che presentano problemi più a livello psicosomatico. Forse perché per loro è più difficile mentalizzare e quindi volendo esagerare prima di rivolgersi ad un esperto della salute devono avere qualcosa di fisico. Cercare dolori inspiegabili per cui il medico alla fine gli dice forse è un problema psicologico e dietro quindi, magari, c’è uno stato di depressione
- Patologie, quindi, legate alla nuova vita dopo il trasferimento?
Si, calcoliamo che le nuove correnti migratorie hanno portato anche insicurezze rispetto a quello che sarebbe stato il nuovo modo di vivere, la nuova cultura, i nuovi valori, le difficoltà con la lingua, la nuova realtà locale, il funzionamento della sanità, del sistema scolastico, l’inserimento sociale dei figli. Questo abbassa, in generale, il livello di sicurezza ed aumenta lo stress. Per tutti. Quando lo stress aumenta,se non si trovano le risorse c’è il rischio che possano esprimersi in maniera sintomatica le difficoltà. Provando ansia, ad esempio
- Rispetto agli inizi del suo lavoro però, possiamo dire che l’emigrante, come figura dell’immaginario collettivo, non esiste più?
Si, non esiste più , anche se ancora mi capita qualcuno. In consultorio ci sono persone che hanno bisogno di un sostegno continuo e c’è un dieci per cento di pazienti che vive in stanze singole (pensioni per soli uomini ad esempio) e non conosce altro stile di vita. Nell’edilizia una volta c’erano le baracche ora ci sono appartamenti messi a disposizione dalle ditte dove si può dormire con una persona o con un’ altra, dipende dai periodi. Magari le loro famiglie sono rimaste in Calabria o in Sicilia. Magari avevano progettato di mettere qualcosa da parte e tornare, invece non è stato così. La cosa non è andata bene e quindi la persona è sicuramente disorientata rispetto al futuro. Attualmente ne seguo tre di “vecchi Gastarbeiter”, offrendogli sostegno psicologico e sono tutti uomini.
- Noi donne abbiamo una marcia in più allora?
Si, in realtà penso di si. Tra le varie cose, oltre al lavoro, oggi è sempre la donna che s’ informa di più sulle realtà locali, gestisce rapporti con le scuole, gli insegnanti, le varie opportunità culturali, il vicinato, ed in più deve curarsi dei figli e della loro salute. Quindi ha un fardello di responsabilità da gestire. Nonostante questo però noto la voglia di arrivare e sfruttare le possibilità che Monaco offre e le possibilità di emancipazione. Qui penso al tema della violenza e vedo che c’è tanta voglia di evitare il sopruso, quello che hanno vissuto magari in paesini piccoli nel Sud Italia dove la pressione, del contesto sociale, delle famiglie è forte . Qui forse manca la rete allargata di sostegno però aiuta il fatto che esiste la possibilità di emanciparsi, di dire ok so quale sostegno mi offre la legge, la società . Ci sono una maggiore consapevolezza ed un maggiore coraggio. Qui sanno anche che appena ci sono manifestazioni di violenza si chiama la polizia, intervengono i servizi sociali, arrivano subito i provvedimenti di urgenza e scatta una serie di interventi che funzionano .
- Restando ancora sul tema , come spiega ai suoi figli gli attentati e la violenza attuale, ad esempio dopo i fatti di Parigi?
Sicuramente è un tema difficile e occorre trovare sempre risposte da dare ai nostri figli. Penso che la cosa più importante sia fare attenzione al tipo di parole che utilizziamo per far sì che siano risposte che vadano incontro alla prospettiva di un bambino . Niente paroloni tecnici o politica mentre si dovrebbe provare a rispondere alle singole domande portando esempi che abbiano a che fare con la loro realtà. Spesso è difficile capire anche all’interno di un gruppo le manifestazioni di aggressività di un bambino sull’altro e così anche a livello più generale. Provare a spiegare la violenza come manifestazione che purtroppo ha da sempre fatto parte dell’umanità e provare a capire a chi chiedere aiuto. Dove l’adulto ha difficoltà, si potrebbe guardare il tg per i bambini di Kika, dove viene ben spiegato tutto. E può essere un ottimo strumento di comprensione . Comunque risposte semplici il più possibile rispetto alle loro capacità cognitive.
- Una bambina che vive una situazione familiare di violenza contro la mamma da parte del padre, che donna sarà da grande?
Purtroppo esperienze simili sono devastanti per i bambini. Certamente è fondamentale avere risorse personali a disposizione ma anche persone di fiducia a cui rivolgersi, che possa essere la vicina di casa con la quale si ha un buon rapporto o la maestra. Certamente il canale privilegiato dovrebbe essere la scuola, l’ insegnante, la psicologa che si preoccupa di dare spazio affinché possa emergere la situazione familiare. Qui a Monaco funziona bene la possibilità di far scattare il sistema di aiuto. Purtroppo ci sono anche casi di bambini che vengono allontanati dalla famiglia troppo velocemente e dove si creano situazioni nocive per l’intero nucleo familiare. Questo è forse il prezzo che si paga dove si vuole intervenire in tempo per evitare situazioni ulteriormente drammatiche.
- Una bambina che vive una simile situazione familiare sarà una donna che subirà o sarà violenta?
La bimba potrà sviluppare un comportamento violento come imitazione di un comportamento osservato e, più spesso, per una sorta di “coazione a ripetere” può ricercare ciò che è “familiare” e c’è il rischio che scelga un futuro partner che somigli al padre, anche nella violenza, perché è un modello che lei riconosce.
- Donne che subiscono : quale il segnale da tenere in considerazione ? Il segnale che la violenza sta per scoppiare?
La ripetizione è il sintomo da prendere in considerazione. Quando si è in presenza di comportamenti difficili da controllare, tipo abuso di alcool e il partner in questo stato commette atti violenti e non rinuncia a bere . Bèh la prima si perdona, alla seconda occorre tirare fuori le antenne e alla terza separarsi. Se il partner accetta di andare in cura, dopo la separazione poi si vedrà. A volte è difficile poter prevedere attraverso un segnale specifico che sta per manifestarsi un comportamento violento. Dipende infatti da ciò che il partner stesso sta pensando per “giustificare” il proprio atteggiamento. Spesso si tratta di un pensiero di gelosia e possesso di tipo delirante.
- E se lui non accetta ‘aiuto perché non ammette di avere un problema?
La donna deve lavorare su se stessa. Arrivare a capire che non c’è una via di ritorno perchè la spirale di violenza cresce. Solo mettendo una fine al rapporto può aiutare se stessa e il partner. Il messaggio è: io non ci sto più a questo gioco. Arrivare a capire che appartiene al bisogno fondamentale di una persona essere rispettata. La persona ha bisogno di essere rispettata e dare uno stop e prendere le distanze vuol dire ok, aiuto anche te. È il passo più difficile da compiere
- Lei viene a contatto con tante storie non positive. Quanto pesa questo sulla donna e sulla professionista ?
Il mio lavoro mi ha sicuramente arricchito e mi ha cambiata. E’ come se nel tempo io avessi partecipato ad un pezzo di vita di ogni persona. Ció ha cambiato la mia sensibilità. Ho sviluppato la capacità di ridimensionare le cose ripensando al dolore che vedo, da una parte. Dall’altra, sono tutto il giorno a contatto con chi ha dei problemi e desidero nella vita privata anche la mia tranquillità . Se mi chiedono che lavoro faccio in vacanza a volte dico che faccio la cassiera. Devo fare anche attenzione a ricaricare le batterie, con attività piacevoli e non assorbire tutto ció che mi viene raccontato. Dobbiamo imparare ad immergerci nell’altro ma anche a saper riemergere
- Ha un sogno nel cassetto?
Quello di ritrovarmi tra venti anni a poter dire di essere “per lo più” soddisfatta delle cose fatte e delle cose dette.